Minniti, Tabarelli e Pagani a confronto sul ruolo del Mediterraneo | la CRONACA di RAVENNA

Minniti, Tabarelli e Pagani a confronto sul ruolo del Mediterraneo

Oggi, giovedì, a Palazzo Rasponi. Iniziativa del Corso di laurea triennale coordinato dal prof. Michele Marchi. L'INTERVISTA

13 aprile 2023 - Un pomeriggio per parlare di Mediterraneo, con approfondimenti da parte di relatori di altissimo livello (fra i quali Alberto Pagani, Davide Tabarelli di Nomisma, e Marco Minniti, che chiuderà la giornata con una “lezione” specifica) e un’ottica a metà fra l’attualità, il futuro e le motivazioni storiche della situazione attuale del Mare Nostrum.

Del resto, l’iniziativa “Il nostro destino mediterraneo: diplomazia, economia, sicurezza” – in programma a palazzo Rasponi dalle 15.30 di oggi, giovedì 13 aprile – è organizzata dal Corso di Laurea triennale in “Società e culture del Mediterraneo, istituzioni, sicurezza e ambiente”, di cui è coordinatore proprio un docente di Storia Contemporanea, Michele Marchi.

Professore, partiamo proprio dal Corso. Fra pochi mesi ci saranno i primi laureati…

"Sì, tra luglio e settembre si laureano i primi studenti, fra coloro che si iscrissero all’anno iniziale. E stiamo cercando di organizzare un evento ad hoc: anche perché due anni fa istituimmo un premio di laurea dedicato a Samuel Paty, l’insegnante francese decapitato a causa delle sue posizioni sulla libertà di satira. Dovremmo avere due premi per tesi sulle tematiche dell’integrazione, con un premio in denaro collegato all’iscrizione di una laurea magistrale, quindi alla prosecuzione degli studi.

Per il resto, il Corso prosegue ottimamente come qualità degli studi e partecipazione degli studenti, anche se gli iscritti non decollano come numero: faremo qualche modifica nelle proposte, per vedere se lo rendiamo più attrattivo. Ma temo sia anche un problema di sede, Ravenna è decentrata, forse per questo fa più fatica ad essere appetibile, soprattutto per una triennale".

Veniamo al convegno di oggi. Il Mediterraneo sarà affrontato partendo da tre temi base: sicurezza, diplomazia ed economia. Perché questa scelta?

"Da un lato è in linea con i temi che trattiamo nel Corso di Laurea. Poi, fra febbraio e marzo abbiamo avuto un corso tenuto da Alberto Pagani sul terrorismo nell’età contemporanea, che ha avuto ottimo successo ed ha avuto fra i fruitori anche parecchi membri delle forze dell’ordine. Trenta ore molto seguite, con molti testimonial portati da Pagani, fino alla chiusura alla grande con Franco Gabrielli, l’ex capo della Polizia.

Il convegno arriva sull’onda di questo corso: abbiamo scelto di parlare non solo di sicurezza in senso stretto (cioè della lotta al terrorismo), ma anche di affrontare il Mediterraneo in termini di stabilità politica, di legami diplomatici, di come anche l’economia faccia spesso parte integrante di questo processo diplomatico (l’ENI ha avuto spesso anche questo ruolo, soprattutto in alcune aree dell’Africa…)".

Fra i vari temi affrontati, non c’è un focus sui migranti…

"E’ una scelta voluta: anche se poi Minniti ne parlerà, e probabilmente anche altri. Ma l’impressione che abbiamo è che il rapporto fra nord e sud del Mediterraneo, se viene declinato solo sul tema dei migranti (pur drammatico e rilevante, ovviamente) ci incarti un po’. Non possiamo ridurre tutto solo a questo: e occorre anche depotenziarlo, per non renderlo solo propaganda da parte di alcune forze politiche".

Che lezione conclusiva si aspetta da Marco Minniti?

"Sarà a tema libero, ma certamente parlerà delle sfide e delle opportunità attuali del Mediterraneo. Credo possa insistere sul tema dell’ultima chance di mettere in piedi, per l’Europa, un certo tipo di legame con lo sviluppo dell’Africa, dopo i vari tentativi mai andati a buon fine nei decenni scorsi. Basti dire che oggi esiste un’Unione del Mediterraneo, voluta dai tedeschi, che è praticamente un contenitore vuoto, e comprende anche i paesi UE: mentre l’idea precedente di Sarkozy, quella di costruire una realtà solo fra i paesi costieri, fu bocciata dalla Merkel".

E l’Italia, in questo scenario?

"Per un lungo periodo l’Italia scomparve da questa area, a livello diplomatico, restandovi solo a livello economico. Poi riprese la sua presenza solo grazie alle forze armate, a partire dall’intervento in Libano. E le nostre forze armate sono sempre state garanzia di un certo tipo di approccio, che è un veicolo di diplomazia culturale importante. Anche perché, a differenza di altri Paesi europei, non siamo percepiti come potenza coloniale, e questo è un vantaggio… Poi, oggi il governo Meloni cerca di acquistare un ruolo importante nell’area: ma per riuscirci, prima deve accreditarsi in maniera maggiore a livello europeo".


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