Gegè Telesforo: «Noi “alternativi” siamo pronti a un nuovo rinascimento musicale» | la CRONACA di RAVENNA

Gegè Telesforo: «Noi “alternativi” siamo pronti a un nuovo rinascimento musicale»

E fra le mille attività in giro per il mondo (Africa e Usa sono sue tappe frequenti), un appuntamento ormai radicato è quello biennale, ravennate, con il convegno internazionale di logopedia e foniatria “La Voce Artistica”

19 novembre 2023 - Chi comincia ad avere i capelli grigi non può non ricordarlo in “Quelli della notte”, cult della seconda serata Rai della metà degli anni Ottanta. Creato e condotto dal genio di Renzo Arbore, era un contenitore che mescolava gag, nonsense e musica, prendendo in giro i “salotti televisivi” in voga all’epoca.
Di quel programma – che lanciò personaggi come Nino Frassica e Maurizio Ferrini, Marisa Laurito e Roberto D’Agostino – faceva parte anche il giovanissimo musicista Gegè Telesforo, foggiano come Arbore: uno dei personaggi di punta della band che intonava, ogni sera, sigle divenute celebri come “Ma la notte no” e “Il materasso”.

Oggi, a quasi quarant’anni di distanza, Telesforo è un simpaticissimo musicista volutamente fuori dal mainstream, abituato a suonare dal vivo più che ai riflettori televisivi, a lanciare idee e talenti nuovi invece che crogiolarsi sui passati allori. E fra le mille attività in giro per il mondo (Africa e Usa sono sue tappe frequenti), un appuntamento ormai radicato è quello biennale, ravennate, con il convegno internazionale di logopedia e foniatria “La Voce Artistica”.
Della kermesse ideata dal dottor Franco Fussi, la cui XIV edizione è in corso fino a domenica 19 novembre al teatro Alighieri, Gegè è da alcuni anni direttore artistico, in coppia con Albert Hera.
E quest’anno i suoi momenti sul palco sono molteplici: complice uno dei temi generali di quest’anno, ovvero il cambiamento della vocalità artistica dall’era analogica a quella digitale. In parole povere, com’è cambiato il panorama di chi canta e di chi studia canto dalla fine del secolo scorso ai tempi attuali, dove ormai autotune e ologrammi sembrano essere il futuro…

Cominciamo proprio da qui. Cos’hanno comportato questi cambiamenti nel mondo musicale?
Siamo testimoni di un momento di passaggio epocale, dall’era analogica a quella digitale. Nel corso del convegno cerchiamo di indagare e comprendere questo percorso, di cogliere un’evoluzione che coinvolge artisti, ingegneri del suono, studi di registrazione.
Dobbiamo conoscere il passato per vivere bene il presente ed essere proiettati sul futuro. E siamo consapevoli – come ha ricordato Franco Fussi nella relazione introduttiva del convegno – che i giovani di oggi hanno una soglia dell’attenzione molto bassa, di pochi secondi: Louis Marks, uno dei più importanti producers americani, dice che in futuro le canzoni avranno una durata non superiore a un minuto e mezzo, quindi anche la creatività degli artisti dovrà cambiare. Ci si ridurrà a fare jingle…

Ma sarà un processo valido per tutti?
Fortunatamente, credo che questa logica varrà per chi vive per il mercato, per il mainstream. Ma ci sono molti musicisti fuori dal coro, sono loro il punto di riferimento per la musica del futuro.
Oggi siamo arrivati a un punto imbarazzante musicalmente, ma la vita è fatta di cicli, di corsi e ricorsi: noi “alternativi”, che non veniamo rappresentati dai media, siamo pronti a un nuovo rinascimento musicale. E la differenza la fa la curiosità, che sta alla base della creatività: non tutti fanno musica per avere successo, arrivato alla mia età so che da giovane la musica rappresentava una malattia, adesso è diventata una terapia. E il convegno ravennate è un’isola felice, lontana dalle mode, dove si incontrano grandi appassionati.

Eppure, nonostante le tendenze del mainstream, esiste anche il desiderio di riscoprire o almeno di mantenere vivo il panorama musicale con cui siamo cresciuti. Due esempi diversi: il recente successo cinematografico del documentario su Giorgio Gaber, ma anche la presenza di un personaggio iconico come Mister Fantasy, alias Carlo Massarini, in una recente fiction tv.
Massarini è un maestro e un grande amico, ci vediamo spesso, e quando l’ho visto nella serie dell’avvocato Malinconico impersonare una sorta di entità astratta mi ha fatto veramente un piacere enorme. Così come mi piace il fatto che un bravo conduttore di RaiDue come Stefano De Martino dichiari apertamente di fare un programma che si ispira a quelli di Arbore.

Ieri sul palco dell’Alighieri, intervistando Tosca, ti sei definito un musicista “afro-mediterraneo”…
E’ vero. Me ne accorgo ogni giorno di più. Sto lavorando a un progetto musicale che ha già varie tappe dal vivo, e che a marzo uscirà anche su disco per l’etichetta americana Ropeadope, che mette assieme giovani talenti del blues nostrano, con canzoni proprie, e non con cover.
E si tratta quasi esclusivamente di musicisti meridionali, che integrano ritmo, forma, struttura, con una personalità davvero mediterranea, e con quel particolare carattere del tutto meridionale che a Napoli si definisce “cazzimma”. Il progetto si chiama Big Mama Legacy, faremo due tappe a febbraio all’Auditorium di Roma, non vedo l’ora… 


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