Gli Amici di Viale Baracca, aperti alla città nel nome della musica. INTERVISTA | la CRONACA di RAVENNA

Gli Amici di Viale Baracca, aperti alla città nel nome della musica. INTERVISTA

Martedì 27 settembre la prima edizione del Premio per giovani musicisti, poi la Notte d’Oro e tra poche settimane la presentazione pubblica della Trilogia del Ravenna Festival: intervista con Alessandra Manuzzi, anima dell’associazione ravennate

27 settembre 2022 - Otto anni fa Alessandra Manuzzi raccolse a casa sua, a Ravenna in viale Baracca, una dozzina di amici per ascoltare il musicologo Paolo Petazzi in preparazione di Fidelio, l’opera di Beethoven in programma al Teatro alla Scala; poi tutti insieme si recarono a Milano per assistere allo spettacolo. La formula si è ripetuta negli anni successivi e la cerchia dei partecipanti si è allargata a una sessantina di persone. L’anno scorso, il gruppo si è riunito in associazione e si è dato un nome che esprime il sentimento dominante tra tutti, l’amicizia.

Gli Amici di Viale Baracca sono, infatti, soprattutto persone che si riuniscono e instaurano relazioni personali condividendo opinioni ed esperienze, spesso viaggiando insieme, e sempre nel nome della musica e dell’opera. Ma l’isolamento non è nelle loro intenzioni: da qualche tempo collaborano con le maggiori realtà cittadine per iniziative aperte al pubblico, come il Premio che questa sera, in prima edizione, sarà assegnato a cinque giovani musicisti dell’Istituto Superiore di Studi Musicali Giuseppe Verdi (Lorenzo Gubbioli e Nicholas Scherzoso, violini; Antonella Scalia, viola; Amerigo Spano, violoncello; Chiara Locoverde, oboe) e la presentazione della Trilogia del Ravenna Festival che si terrà tra poche settimane a Palazzo Rasponi dalle Teste, mentre sabato 8 ottobre sarà a cura degli Amici di Viale Baracca una parte delle iniziative musicali per la Notte d’Oro.

Abbiamo rivolto qualche domanda ad Alessandra Manuzzi, che ha fondato il gruppo e lo anima.

Che cosa ti ha spinto a creare questa realtà e come si è sviluppata nel tempo?
“Qualche anno fa, nel 2014, ho sentito l’esigenza di coinvolgere alcuni amici nell’assistere a spettacoli d'opera in teatro, ma mi sono resa conto che c'erano poche persone interessate; allora ho iniziato a organizzare questi incontri di presentazione al fine di stimolare la curiosità.
Dopo la prima iniziativa sul Fidelio della Scala, via via il gruppo è aumentato grazie al passaparola, sono nati nuove conoscenze e nuovi legami e adesso siamo cinquantanove soci, in maggioranza ravennati ma non solo: alcuni vengono anche da fuori, da Bologna, da Forlì, da Macerata.

Le riunioni si svolgono per la maggior parte a casa mia, ma anche presso altri soci, e prevedono una presentazione iniziale del relatore, molto libera, poi chi vuole può intervenire e alla fine c’è un buffet realizzato grazie all’apporto di tutti i partecipanti.
Finora abbiamo fatto circa sessanta presentazioni con relatori che ho scelto per la loro bravura e la loro competenza: musicologi e critici come tra gli altri, oltre a Paolo Petazzi, Alberto Mattioli, Angelo Foletto, Oreste Bossini, Sandro Cappelletto, Lidia Bramani che ritornerà per parlare della Trilogia, poi direttori d’orchestra come Rinaldo Alessandrini, registi come Luigi De Angelis e lo scenografo Paolo Fantin, che lavora regolarmente con il regista Damiano Michieletto.

L'obiettivo di questa associazione, di questi incontri, è dare a tutti gli strumenti per capire uno spettacolo; è evidente che ognuno poi lo accosterà secondo il proprio grado di conoscenze precedenti e di percezione, però almeno saprà che cos'è una regia, una scenografia, un cantante, un direttore d'orchestra”.

Secondo te qual è il motivo principale del gradimento dei vostri incontri?
“Credo che realizzarli in questa forma salottiera costituisca un veicolo molto più efficace che fare delle presentazioni nelle sale con pubblico random, perché chi assiste è molto più coinvolto; in questo contesto si presta maggiore attenzione, ci si parla, poi si va a vedere lo spettacolo: c’è un coinvolgimento diretto e chi partecipa non è solo spettatore, ma anche un po’ attore.
Il problema è che al momento non c'è posto per nuovi soci e non ci sarà finché non troveremo una casa più grande dove riunirci; visto che il Comune potrebbe offrirci delle sale, l’ho proposto agli Amici, ma tutti vogliono rimanere nelle case. Così anche per il Premio, che è aperto al pubblico, abbiamo già esaurito i cinquanta posti disponibili”.

Per quale ragione vi siete costituiti in associazione?
“Fino al 2021 eravamo solamente un gruppo di amici che si ritrovava liberamente e oltre alle  presentazioni facevamo anche altro: per esempio, abbiamo aiutato un giovane gruppo di Ravenna, il Quartetto Fauves, che aveva bisogno di fondi per realizzare un disco. Grazie all'apporto di tutti, abbiamo raccolto più di tremila euro per finanziare il loro progetto.
Avevamo però bisogno soprattutto di regolare meglio la parte economica: ogni volta che c'è una presentazione io organizzo il viaggio, per chi vuole, nel teatro di riferimento; siamo stati alla Scala, all'Opera di Roma, al San Carlo, al Comunale di Bologna, alla Fenice di Venezia, al Teatro del Maggio di Firenze e anche a Salisburgo e a Monaco di Baviera.
L'associazione è nata in pratica per creare un fondo da utilizzare per l'acquisto dei biglietti, di cui fino a quel momento mi occupavo io anticipando il denaro necessario; anche solo dal punto di vista fiscale, mi sembra più corretto”.

L’opera è il vostro interesse dominante, ma realizzate anche iniziative, come il Premio, per i giovani musicisti. Per quali motivi?
“Io faccio parte da anni delle Dimore del Quartetto e da lì è nata l’ispirazione di creare un Premio per favorire la crescita dei giovani musicisti, ma anche per far conoscere ai nostri associati, che non sono sempre molto esperti, la musica da camera nella sua veste vera: non in un teatro, ma in un ambiente che sia quello che per cui è nata.
Ho visto che molti magari ascoltano un quartetto al Teatro Alighieri e si annoiano, ma se lo vedono a due metri di distanza si elettrizzano. Detta così sembra una stupidaggine, e invece è molto importante la vicinanza agli strumenti e ai musicisti.
È un po’ lo stesso per le presentazioni: alle presentazioni classiche in teatro la gente non va o si annoia, invece a casa mia fa la fila. Le persone si divertono di più perché intanto sentono vicino il relatore e cadono un po’ di barriere, poi hanno delle percezioni e sviluppano una curiosità che prima non avevano. Alcuni che non sapevano bene neanche chi fosse Verdi, e magari erano venuti solo per curiosità o per amicizia, adesso partecipano a ogni viaggio che organizzo, persino per ascoltare un’opera di Britten”.
Patrizia Luppi


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