Cultura
«L'Eremo, il luogo dove ritrovare la nostra spiritualità». INTERVISTA a Don Claudio Ciccillo
Ospite del primo incontro dell'edizione 2022 di "ItineRA", ha portato la sua esperienza all'Eremo del Cerbaiolo e la filosofia di vita di chi sceglie di "guardarsi dentro"
04 settembre 2022 - «Gli Eremi sono luoghi della cultura e della spiritualità e, come nell’anno Mille, sono oggi chiamati a salvare tutto ciò che è cultura e spiritualità, tutto ciò che è umano».
Con questa frase finale, don Claudio Ciccillo dell’Eremo del Cerbaiolo ha concluso giovedì 1 settembre al Museo Nazionale di Ravenna il primo incontro dell’edizione 2022 di ItineRA organizzata da Trail Romagna, intitolato Coltivare il proprio giardino, che prosegue fino al 13 settembre con vari appuntamenti.
Don Ciccillo ha raccontato la sua filosofia di vita proprio a partire dal termine “cammino” che è poi il sottotitolo di ItineRA (la festa del cammino consapevole). «Tutto nasce dal cammino, crea delle domande, è trasgressivo perché fa prendere le distanze, fa entrare in una dimensione nuova in cui si è liberi di giudicare e scegliere in autonomia, ci ridà il primato della coscienza personale proprio oggi che ci hanno portato via la responsabilità, le cose accadono e non c’è mai un responsabile. Non è una fuga dal mondo, ma una fuga dalla mondanità».
Dal “cammino” al “giardino”: «Dio ci chiama a costruire il giardino qui, giardino che non è l’Eden perduto, è il regno di Dio, per lasciare il mondo meglio di come l’abbiamo trovato».
Da queste riflessioni don Ciccillo ha sviluppato un discorso laico, anche se intriso di citazioni dalla Bibbia. D’altronde, ricorda, «il Monachesimo è nato come protesta contro il cesaropapismo, i monaci erano laici».
Cita i Padri del deserto, i monaci eremiti che nel IV secolo, dopo la pace costantiniana, lasciarono le città per vivere soli nei deserti dell’Egitto, della Palestina e della Siria: «nel deserto non ci sono cose che possono distrarci, siamo costretti a guardarci dentro, ad ascoltare i nostri desideri, le nostre paure, i sogni, i pensieri. E se non siamo capaci di stare con noi, non siamo capaci di stare con gli altri, le cose che non riusciamo a lasciare ci posseggono».
«Entrare nel deserto significa fare pace col tempo, oggi non sedimentiamo nulla, andiamo sempre di corsa, il mondo sta in piedi lo stesso se ci fermiamo dieci minuti».
Da qui grande spazio nel suo ragionamento allo shabbat, il giorno del riposo per gli ebrei, dal tramonto del venerdì all’imbrunire del sabato: «lo shabbat non è nato per motivi religiosi, ma per far prendere coscienza all’uomo che ha un’anima, che è qualcosa di grande, che deve mettere al centro la vita, per prendere contatto con il suo respiro che è corto e affannato».
Il significato delle parole cammino, giardino, deserto, male, tempo, fedeltà, parola, silenzio, ascesi, è sempre spiegato da don Ciccillo a partire dalla loro etimologia ebraica. Come “orecchio”, che in ebraico significa l’organo attraverso il quale Dio nutre l’anima. “Fedeltà”, in ebraico “io non scappo, io non fuggo”, sono fedele a me stesso. La “parola”, prima di dirla chiediti se serve, è la parola che ci rende umani, solo gli uomini parlano, ed è dal silenzio che nascono parole con senso. “Ascesi”, che vuol dire palestra, stile di vita, l’abitudine ad agire bene. “Istinto”, il modo naturale di agire. “Male”, che è il contrario di luce, “non luce”.
E, infine, i riferimenti all’attualità: «i diritti o sono diritti di tutti o sono privilegi; la decrescita felice non è toglierci le cose, ma vestire gli altri”; la tecnologia non ci riempie, durante la pandemia quanto ci sono mancati gli abbracci, le strette di mano, il guardarci negli occhi, elementi base della nostra umanità».
«Oggi più che mai – ha concluso - c’è bisogno di camminare, di uscire dalle nostre case e sentirci parte di un tutto. L’Eremo è fondamentale, serve, è un luogo dove tutti si interrogano e respirano la spiritualità, lontano dalla quotidianità che li risucchia, sono piccoli nuclei di persone che incarnano un’idea di futuro».
Come non coltivare l’idea di una visita all’Eremo del Cerbaiolo, ammesso che riusciamo a trovare la forza e la possibilità di lasciare la nostra quotidianità e le sue “sponde”.
© copyright la Cronaca di Ravenna
Con questa frase finale, don Claudio Ciccillo dell’Eremo del Cerbaiolo ha concluso giovedì 1 settembre al Museo Nazionale di Ravenna il primo incontro dell’edizione 2022 di ItineRA organizzata da Trail Romagna, intitolato Coltivare il proprio giardino, che prosegue fino al 13 settembre con vari appuntamenti.
Don Ciccillo ha raccontato la sua filosofia di vita proprio a partire dal termine “cammino” che è poi il sottotitolo di ItineRA (la festa del cammino consapevole). «Tutto nasce dal cammino, crea delle domande, è trasgressivo perché fa prendere le distanze, fa entrare in una dimensione nuova in cui si è liberi di giudicare e scegliere in autonomia, ci ridà il primato della coscienza personale proprio oggi che ci hanno portato via la responsabilità, le cose accadono e non c’è mai un responsabile. Non è una fuga dal mondo, ma una fuga dalla mondanità».
Dal “cammino” al “giardino”: «Dio ci chiama a costruire il giardino qui, giardino che non è l’Eden perduto, è il regno di Dio, per lasciare il mondo meglio di come l’abbiamo trovato».
Da queste riflessioni don Ciccillo ha sviluppato un discorso laico, anche se intriso di citazioni dalla Bibbia. D’altronde, ricorda, «il Monachesimo è nato come protesta contro il cesaropapismo, i monaci erano laici».
Cita i Padri del deserto, i monaci eremiti che nel IV secolo, dopo la pace costantiniana, lasciarono le città per vivere soli nei deserti dell’Egitto, della Palestina e della Siria: «nel deserto non ci sono cose che possono distrarci, siamo costretti a guardarci dentro, ad ascoltare i nostri desideri, le nostre paure, i sogni, i pensieri. E se non siamo capaci di stare con noi, non siamo capaci di stare con gli altri, le cose che non riusciamo a lasciare ci posseggono».
«Entrare nel deserto significa fare pace col tempo, oggi non sedimentiamo nulla, andiamo sempre di corsa, il mondo sta in piedi lo stesso se ci fermiamo dieci minuti».
Da qui grande spazio nel suo ragionamento allo shabbat, il giorno del riposo per gli ebrei, dal tramonto del venerdì all’imbrunire del sabato: «lo shabbat non è nato per motivi religiosi, ma per far prendere coscienza all’uomo che ha un’anima, che è qualcosa di grande, che deve mettere al centro la vita, per prendere contatto con il suo respiro che è corto e affannato».
Il significato delle parole cammino, giardino, deserto, male, tempo, fedeltà, parola, silenzio, ascesi, è sempre spiegato da don Ciccillo a partire dalla loro etimologia ebraica. Come “orecchio”, che in ebraico significa l’organo attraverso il quale Dio nutre l’anima. “Fedeltà”, in ebraico “io non scappo, io non fuggo”, sono fedele a me stesso. La “parola”, prima di dirla chiediti se serve, è la parola che ci rende umani, solo gli uomini parlano, ed è dal silenzio che nascono parole con senso. “Ascesi”, che vuol dire palestra, stile di vita, l’abitudine ad agire bene. “Istinto”, il modo naturale di agire. “Male”, che è il contrario di luce, “non luce”.
E, infine, i riferimenti all’attualità: «i diritti o sono diritti di tutti o sono privilegi; la decrescita felice non è toglierci le cose, ma vestire gli altri”; la tecnologia non ci riempie, durante la pandemia quanto ci sono mancati gli abbracci, le strette di mano, il guardarci negli occhi, elementi base della nostra umanità».
«Oggi più che mai – ha concluso - c’è bisogno di camminare, di uscire dalle nostre case e sentirci parte di un tutto. L’Eremo è fondamentale, serve, è un luogo dove tutti si interrogano e respirano la spiritualità, lontano dalla quotidianità che li risucchia, sono piccoli nuclei di persone che incarnano un’idea di futuro».
Come non coltivare l’idea di una visita all’Eremo del Cerbaiolo, ammesso che riusciamo a trovare la forza e la possibilità di lasciare la nostra quotidianità e le sue “sponde”.
© copyright la Cronaca di Ravenna