La Francia e il suo leader Macron. La geopolitica europea per Paolo Pombeni INTERVISTA | la CRONACA di RAVENNA

La Francia e il suo leader Macron. La geopolitica europea per Paolo Pombeni INTERVISTA

Il docente dell'Alma Mater a Palazzo Rasponi nel pomeriggio di chiusura della due giorni dedicata a “Il Mediterraneo e le sue sfide”

13 maggio 2022 - Un pomeriggio per parlare di geopolitica europea, in particolare della Francia che ha appena riconfermato Macron e del suo rapporto con l’Italia, e del ruolo delle rispettive leadership nei futuri equilibri europei.
Si chiude con tre incontri nel pomeriggio di oggi, venerdì 13 a palazzo Rasponi, la due giorni su “Il Mediterraneo e le sue sfide”, organizzata dal Corso di Laurea su civiltà e culture del Mediterraneo del campus ravennate e coordinata dal professor Marchi.
Fra i numerosi e prestigiosi ospiti, oltre al celebre studioso francese Marc Lazar, c’è anche il professor Paolo Pombeni, celebre storico e politologo, professore emerito all’Alma Mater. Abbiamo affrontato con lui alcuni degli argomenti che verranno discussi.


Professore, partiamo da Macron e dalle sue parole sulla situazione in Ucraina durante il recente discorso di insediamento. Una porta aperta – finalmente – al ruolo della diplomazia.

Macron, vista anche la presidenza francese che è di turno all’Unione europea, è certamente il leader politico più indicato ad assumere questo ruolo di negoziatore. Non è l’unico che cerca una via negoziale possibile, ci stanno provando anche Draghi e Scholtz, ma è lui che ha maggiori strumenti: sia perché la diplomazia francese è molto navigata, sia perché è il presidente di uno dei cinque membri che hanno diritto di veto nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Quindi, una posizione più forte anche rispetto a quella di Scholtz.

La diplomazia, in guerra, può essere uno strumento fondamentale. Ma nel dibattito italiano se ne parla molto poco.
In Italia c’è una percezione molto distorta della diplomazia, come se si facesse con dichiarazioni al vento. Invece è un lavoro lento, che si fa dietro le quinte: non basta il “volemose bene”. Macron nel suo recente discorso ha detto due cose molto importanti, che sono state poco sottolineate: la prima, che bisogna garantire e mantenere la sovranità ucraina; la seconda, che una volta ottenuto questo obiettivo, da qui non può discendere una posizione di marginalizzazione della Russia, che va invece tenuta all’interno delle relazioni internazionali.
Una posizione di cui è convinto anche Draghi, che l’ha appena detto a Biden: questa è la forza di una posizione realistica, che non parla a vanvera di cessate il fuoco solo perché lo chiediamo, ma pensa che si debbano creare le condizioni perché soprattutto la Russia accetti questa idea. E se ci si arriverà, si dovrà ricostruire un equilibrio internazionale, senza mettere in testa a nessuno il cappello da asino.

Macron, su questa strada, sta tessendo relazioni importanti con la Cina.
Non c’è dubbio. Tutti hanno capito da tempo che una delle chiavi della situazione è a Pechino, che la Cina è una delle parti forti in campo. Da questo punto di vista, Macron è nella posizione di poter sollecitare questa posizione cinese: non possono farlo gli Usa, e neanche, a vanvera, qualsiasi leader europeo. Oggi Macron può sfruttare questa posizione, e se si accredita su questa la sua leadership europea può andare ben oltre il semestre di presidenza francese.

Parliamo di leader del Novecento. Come vede quelli francesi a confronto di quelli italiani?
La Francia ha una storia di leadership forti: non solo De Gaulle, ma anche Mitterrand, nella sua lunghissima esperienza di Presidente della Repubblica, per 14 anni, è stato un grande protagonista.
L’Italia al contrario non ama i leader, anche quando ne ha trovato qualcuno ha sempre fatto il possibile per sgambettarlo. Certo, De Gasperi è stato personaggio importante anche per la costruzione dell’Europa unita; ma i leader venuti dopo di lui – Fanfani, Moro, Craxi - sono stati tutti in qualche modo ostacolati, anche se in certi momenti avevano forti personalità. Ma non sempre la nazione andava loro dietro. E temo che questo valga anche oggi per Draghi.
In tempi più recenti, Berlusconi, è stato un personaggio effervescente, ma non un vero leader. Prodi, invece, è un personaggio più complesso: ha fatto cose importanti, soprattutto da leader della Commissione Europea, ma in Italia è stato sgambettato, non ha avuto condizioni favorevoli.

Oggi Italia e Francia hanno, in contemporanea, due leader molto stimati su scala europea. Potrebbe nascere fra loro una collaborazione proficua ai fini del futuro del continente?

Draghi e Macron potrebbero fare molto assieme, ma il problema è che Draghi fra un anno non sarà più leader, se – come ha detto - non si presenterà alle elezioni. Quindi non ci sarà la possibilità di fare cose da capo dello Stato. È un problema che l’Italia dovrebbe porsi in fretta, perché oggi non ha un leader che può prendere il suo posto. E nel post-crisi Ucraina potrebbe servire molto.

Infine: con la conferma in Francia di Macron in contemporanea all’uscita di scena della Merkel, che aveva una personalità forte, nei prossimi anni la Germania potrebbe essere più in ombra?
Va detto che anche senza la Merkel il peso della Germania in Europa è sempre enorme, soprattutto dal punto di vista economico. La vera speranza per l’Europa è che si esca dall’idea del paese solo al comando: serve invece un gruppo di paesi, i cui leader facciano sponda gli uni con gli altri. Poi che ce ne sia qualcuno più brillante ci può stare, e a bocce ferme adesso è Macron.


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