Ultimi giorni per ammirare le colorate sculture pop di Alex Corno alla fondazione Sabe per l'arte | la CRONACA di RAVENNA

Ultimi giorni per ammirare le colorate sculture pop di Alex Corno alla fondazione Sabe per l'arte

La programmazione 2025 della galleria ravennate proseguirà in aprile con la mostra di Andrea Raccagni a cura di Claudio Spadoni

24 marzo 2025 -

C’è tempo fino al prossimo 6 aprile alla Fondazione Sabe per l’arte di Ravenna per visitare la mostra “Costruire il cielo” con le colorate sculture pop del brianzolo Alex Corno che ha ispirato il secondo evento collaterale di sabato 22 marzo. Una conferenza sul tema “Col ferro e col fuoco. Scultura, costruzione, materiali nel secondo Novecento”, in cui il ricercatore universitario Kevin McManus e il professore Francesco Tedeschi, entrambi dell’università Cattolica del Sacro Cuore, hanno proposto una riflessione sulla costruzione come pratica scultorea.

«La leggerezza – spiega il professor Tedeschi – è il segno attraverso cui Corno si iscrive nella storia degli astrattismi di marca costruttivista nati a inizio Novecento come costruzioni mentali che sfidano la forza di gravità con i loro corpi geometrici. Tale obiettivo unito a una cultura dei materiali industriali come il ferro e l’acciaio, dà vita a una tradizione di scultura ‘assemblata’ e colorata che ha tra i suoi protagonisti David Smith, Anthony Caro e altri artisti amati da Corno. Dopo averne condiviso gli approcci, negli ultimi tempi Corno si è distaccato dai loro modi crudi e dissonanti: se nei lavori di inizio Duemila figurano ancora sagome dai contorni lacerati e superfici arrugginite, nelle opere recenti le lamiere si profilano nello spazio secondo intagli di precisione».

McManus fa un excursus sulla poetica del costruire nel corso del Novecento che ha trovato numerose espressioni all’interno delle ricerche d’avanguardia, a partire dal Costruttivismo sovietico. «La mostra della Società dei giovani artisti Obomokhu organizzata a Mosca nel 1921 – racconta – è la prima occasione di presa d’atto collettiva su come fare scultura, su cosa volesse dire fare arte nell’ambito della rivoluzione sovietica. Da lì parte un tentativo di formulare un’estetica marxista basata sul processo artistico come ‘lavoro’, come produzione di forme dedotte dalle proprietà dei materiali. Questa rigorosa visione porta l’artista fuori dagli atelier, verso le fabbriche quasi fosse un operaio».

Un proposito riportato in auge, negli anni Sessanta, da alcuni artisti appartenenti alle tendenze minimaliste e post-minimaliste americane, con esiti spesso legati alla produzione industriale. Qualche esempio? Richard Stankiewicz, Mark Di Suvero, David Smith, Clement Greenberg, che realizzano oggetti totemici, perché la scultura trova significato non tanto come linguaggio ma nel suo essere oggetto, nel suo funzionamento nello spazio tridimensionale. Tra gli anni Quaranta e Sessanta, in Italia, ci sono artisti dell’area romana che hanno fatto qualcosa di simile ai colleghi americani: Nino Franchina, Ettore Colla, Pietro Consagra ed Eliseo Mattiacci. Anche in Europa, dopo la Biennale di Venezia del 1970, il costruire ha trovato ampio spazio nelle ricerche degli scultori.

Cinquant’anni dopo, nell’opera di Alex Corno è possibile vedere l’influenza del Costruttivismo. Il titolo stesso della mostra “Costruire il cielo”, scelto dal curatore Pierluca Nardoni, è alquanto significativo. «Il lavoro di Corno – spiega Nardoni – è legatissimo a questa tradizione della scultura per costruzione e ai sensi ampi cosmologici, il che evoca qualcosa di aereo. Per questo ho unito nel titolo la dialettica tra materiali e cielo, la dimensione del costruire fattivamente con materiali industriali con qualcosa i più simbolico».

Nel corso dell’incontro è stato anche presentato al pubblico di appassionati d’arte il catalogo della mostra a cura di Danilo Montanari Editore, il decimo, perché dieci sono state le esposizioni promosse dalla Fondazione sin dalla sua nascita nel 2022. Oltre all’organizzazione di mostre ed eventi culturali, la Fondazione – che mira a diventare un punto di riferimento per la promozione e la diffusione dell’arte contemporanea – si dedica alla catalogazione delle opere della scultrice Mirella Saluzzo, titolare insieme al marito Norberto Bezzi, e alla costituzione di una biblioteca specializzata sulla scultura contemporanea. «In aprile – conclude il direttore artistico Pasquale Fameli – avremo, come protagonista della seconda mostra a cura di Spadoni, Andrea Raccagni, mentre in autunno è in fase di ultimazione un progetto che metterà a confronto due scultrici in occasione della Biennale del mosaico. Per ogni mostra, come di consueto, organizzeremo poi alcuni eventi collaterali di approfondimento».




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